La Storia
L'origine latina del nome deriva probabilmente da cum conatu per indicare lo sforzo con cui si raggiungeva l'impervia collina su cui sorge il paese. L'abitato di Marcellina, nel fondovalle, testimonia la passata presenza romana e ad essa è legata la leggenda della Pietra Cagnola, un simulacro d'oro massiccio a forma di cane, che veniva messo sull'erpice, ritenendo che avesse il potere di rendere fertile la terra. All'epoca delle invasioni barbariche, mentre la popolazione si rifugiava sulla cima della collina, sotto le fortificazioni dei Radicati, la Pietra e un busto aureo dell'imperatore vennero gettati in un profondo pozzo, dove potrebbero ancora oggi essere nascosti.
Ma certamente la storia di Cocconato si lega in modo indissolubile a quella dei suoi nobili, la casata dei conti Radicati. Ottenuto il feudo fin dal X secolo, essi furono capaci di renderlo uno stato autonomo che, con abili alleanze, ebbe poteri di giurisdizione, compreso quello di battere moneta, su vasti territori circostanti per ben 400 anni.
I CONTI RADICATI
Signori di Cocconato e di molte terre, i conti Radicati ebbero notevole potenza nel panorama geopolitico fra XIV e XV secolo: grazie ad abili alleanze e argute manovre diplomatiche, riuscirono a creare un loro staterello, che godette di autonomia e privilegi sino verso la fine del XVI secolo; i loro possedimenti si estendevano in un vasto territorio, compreso tra le colline del nord-ovest astigiano e dell’attuale provincia di Torino; la loro giurisdizione, che toccava anche terre lontane, arrivò a comprendere 47 feudi.
L’abile politica di alleanza dei Radicati li vide schierati dapprima come feudatari del vescovo di Vercelli, quindi alleati ora ad Asti, ora al marchese del Monferrato, per giungere ai potenti Visconti di Milano. Infine, Cocconato subì, a partire dal 1450, il dominio dei Savoia (verso i quali i Radicati furono peraltro sempre ostili), che durò fino al 1586, anno della definitiva sottomissione.
Le origini della aristocratica famiglia cocconatese non risultamo del tutto chiare. Presto accantonate le ipotesi fantasiose di legami con gli Anscarici eporediesi, di essere discendenti di Arduino oppure di Olderico Manfredi, marchese di Torino, di ricollegarsi a Carlo Magno, sfruttando la tradizione carolingia di Vezzolano, tanti studiosi ottocenteschi hanno erroneamente individuato i signori di Cocconato tra i fondatori, nel 1095, del priorato di Vezzolano.
Di Radicata a lungo si parlò come di un luogo di cui si ignorava l’esatta collocazione, finché il Druetti lo posizionerà nell’odierno territorio di San Sebastiano Po, sulla riva del Po; con castello e chiesa e, soprattutto il suo porto sul fiume, con diritto di pedaggio e di transito.
I Radicata e i Cocconato furono inizialmente due gruppi familiari ben distinti. Per tutto l’XI secolo Radicata e San Sebastiano furono nuclei familiari indipendenti fra loro anche se la strettissima vicinanza dei possessi, il titolo comitale che appare quasi contemporaneamente nei documenti per entrambe le famiglie, e qualche cenno isolato di reciproca relazione, possono far pensare ad un’antica origine comune. Non è invece pensabile che i Cocconato e i Radicata-San Sebastiano costituiscano due rami di un’unica famiglia poiché ciascuno seguiva proprie direttive di azione che non vengono ad interferire se non raramente e per ragioni di vicinanza territoriale. Come evidenzia il Settia passare del tempo i legami fra queste famiglie divennero sempre più stretti fino alla prevalenza finale del gruppo signorile più potente come fin dal XII secolo mostra di essere quello dei Cocconato per il reddito dei suo possessi e per la molteplicità dei legami politici trattenuti. Ciò non avviene però in modo né semplice né rapido e, soprattutto, la scarsità di documenti non consente di chiarire le vicende in tutti i suoi sviluppi. Dapprima vi fu un avvicendamento fra i San Sebastiano ed i Radicata, con prevalenza finale dei primi; e in un secondo tempo, dopo la metà del XIII secolo, attraverso i rami di Tonengo ed Aramengo la stessa cosa avvenne fra i Cocconato ed il ramo dei San Sebastiano che aveva incorporato i Radicata, in modo che il titolo comitale, già portato da questi, finì per passare ai Cocconato e hospicium de Radicata è il nome collettivo del consortile al quale parteciparono dapprima i vari rami dei San Sebastiano e poi anche i Cocconato. Dunque non furono i Radicati a salire dalle sponde del Po a Cocconato, ma esattamente il contrario: dalla metà del XIII secolo il predicato Radicata sarà costante tra membri dei Cocconato fino ad assumere, dopo il sec. XVI forma cognominale e a sostituire completamente l’indicazione toponomastica di Cocconato.
Per far valere l’antichità dei loro possessi ed ottenere così concessioni e benefici, nel XVI secolo i Radicati, redissero falsi diplomi (di cui esistono più copie autenticate da notai compiacenti) come quelli datati 1186, 1249 e 1280. Particolarmente famoso è il primo documento col quale l’imperatore Federico I detto il Barbarossa, investe Ottobono I del contado di Cocconato, che all’epoca si estendeva su un vasto territorio collinare, comprendente le terre di Casalborgone, San Sebastiano, Berzano, Brozolo, Cavagnolo, Monteu da Po, Robella, Passerano, Marmorito, Schierano, Primeglio, Moriondo, Aramengo, Tonengo, Maynito (oggi presso Castelnuovo Don Bosco), Plebata (oggi Piovà Massaia), Castelvero, Capriglio, Bagnasco, Aramengo e tante altre località. Avevano anche alcune giurisdizioni fuori dal territorio, fra cui Calliano, Cellamonte, Balangero d’Asti, parte di Murisengo e Viverone nel Canavese.
Nella prima metà del XIII secolo i conti di Cocconato si ripartirono il patrimonio familiare, suddividendosi nei tre colonnellati di Robella, Brozolo e Casalborgone (che assumerà poi il nome di Passerano) e quindi in vari rami, che presero i nomi feudali delle terre su cui hanno giurisdizione.
Ciascun ramo ha un proprio stemma nobiliare. In comune, l’aquila d’oro coronata, simbolo della potenza, della vittoria e di prosperità, e il castagno sradicato, che rappresenta la virtù nascosta e la resistenza. Gli scudi dei singoli rami si differenziano nella partizione dei campi. Il cimiero rappresenta l’aquila nascente coronata d’oro, caricata in petto del globo imperiale. Il motto è “Wand Got Wild” (quando Dio vuole), al quale i rami di Primeglio e Marmorito aggiungono “Tempori aptare decet” (bisogna prepararsi in tempo).
Nel XIII secolo un ramo della casata si spostò nel comune di Asti, imparentandosi con i Layolo, e furono diversi i Cocconato che in quel periodo si inserirono negli ambienti ecclesiastici astigiani.
La domus dei Radicati arrivò nel Trecento a raccogliere un numero impressionante di signori di collina, molti di più di quelli attestati nel secolo precedente; oltre ai signori di San Sebastiano, Tonengo, Aramengo, ai nuovi terzieri dei Cocconato si inserirono i più antichi signori di Moncucco e Passerano che fino al XIV secolo avevano vissuto interagendo in modo marginale con gli altri signori, perché impegnati nel servizio presso la curia torinese. Da inizio Trecento i Cocconato, ormai conti di Radicata e all’apogeo della loro potenza, risultano infeudati da parte dei Monferrato anche di Berzano e Albugnano; quest’ultima giurisdizione coincide forse con il loro diretto interessamento per Vezzolano, dove si trova il proprio sepolcreto.
Fu l’imperatore Carlo V con un’investitura a Giovanni Secondo di Brozolo e Bonifacio di Robella del 29 gennaio 1530 a concedere ai signori di Cocconato il diritto di battere moneta. Il periodo di continue guerre impedì ai nobili di servirsi subito di tale concessione: la zecca venne aperta solo trent’anni dopo a Passerano e molte delle monete ivi coniate erano delle contraffazioni di monete di altre zecche. Le più antiche monete ritrovate portano inciso l’anno 1581 e sono dei bianchi da quattro soldi, delle parpigliole da due soldi e dei quarti di soldo. Le contraffazioni riguardavano monete lombarde, genovesi, venete, parmensi, modenesi, savoiarde, svizzere, francesi.
I Savoia preoccupati per la quantità di monete contraffatte che venivano messe in circolazione, nel 1581 misero fuori corso diverse monete prodotte dalle zecche minori piemontesi, fra cui alcune di quelle dei Radicati. Considerato che dalla zecca di Passerano continuavano ad uscire monete contraffatte, dopo lunghe trattative fra il Duca di Savoia e i rappresentanti dei tre terzieri dei Radicati (Alessandro di Passerano, Giovanni Matteo di Brozolo e Pompeo di Robella), nel 1598 i nobili rinunciarono al diritto di batter moneta, dietro compenso di trecento scudi all’anno, che sarebbero stati loro assegnati sul tasso del contado.